La Storia

Salboro



Chiamato nel Medioevo tanto Selburia quanto Spasano, l’abitato di Salboro sorge lungo la romana «via Annia» e se ne ha notizia fino dal sec. X. Non è ancora appurato se i due nomi fossero sinonimi o indicassero, almeno inizialmente, due diversi luoghi: è attestata la presenza di una sola chiesa, la cappella di «S. Maria de Spaxano» (o di Salboro). A sé stante, e di gran lunga più antico, era il puteus Vitaliani, ovvero la località di Pozzoveggiani con la chiesa di S.Michele, sorta sulle rive del fiume Borraccia, che alcuni studiosi ritengono essere un paleoalveo dell’antico «Retrone» (Bacchiglione).
In epoca romana il territorio fu caratterizzato anche dal grande disegno della centuriazione, analogamente a quanto accadde per il graticolato a nord di Padova: tuttavia l’epoca recente ha cancellato quasi totalmente le tracce dell’ampio reticolo, che rivive in qualche tratto di strada (via Palla Strozzi). La vocazione contadina di Salboro non è del tutto scomparsa: se nell’Ottocento don Giovanni Rizzo poteva scrivere qui il suo splendido «Catechismo agricolo», anche oggi nei dintorni sussistono aziende che esercitano l’attività agricola in forma imprenditoriale, alcune anche con produzione biologica, e un paio di stalle.

Salboro
 

casa Stievano



È forse la più antica casa di Salboro, di attuale proprietà della famiglia Stievano. Sorge al civ. 11 di via Salboro, a pochi passi dalla chiesa vecchia, ed è riconoscibile per gli inserti in pietra e il portale, sempre in pietra, riportato alla luce da una recente ristrutturazione. Alcune ipotesi fanno risalire la casa addirittura al sec. XIII.

Pozzoveggiani



Poco oltre Salboro si incontra Pozzoveggiani, località dall'origine antica: abitato anche in età romana il luogo aveva anche il nome di Publicianum. In un documento del 1123 è però indicato con Puteus Vitaliani: dove puteus era anche il pozzo accanto alla chiesa di S. Michele arcangelo e Vitalianus era il nome del patrizio Vitaliano, padre della protomartire Giustina, probabile possidente di questi terreni.

Pozzoveggiani
Scuola Materna Wollemborg Salboro

la scuola materna Wollemborg



Fu costruita per volere di Livia Pavia, moglie di Maurizio Wollemborg, la scuola per l'infanzia che ancora oggi sorge al centro del paese. Fu inaugurata nel gennaio del 1928 ed è stata restaurata nel 2007.

villa Rocchetti-Dolfin-Vanna



Risale a metà '800 la costrusione di Villa Rocchetti-Dolfin, ora Vanna, che domina l'ingresso all'abitato di Salboro. Agli stessi anni risale il bel parco romantico, da alcuni attribuito allo Jappelli, che si estende per 1.500 mq ed è caratterizzato da un ampio lago che costeggia la strada Provinciale n.3 che conduce a Casalserugo e Bovolenta.
Il giardino e la collinetta artificiale sono attraversati da suggestivi vialetti, che in passato superavano i corsi d'acqua grazie a ponticelli in ghisa distrutti durante la guerra. La vegetazione è costituita per lo più da latifoglie. Nella villa, eretta ampliando alcuni fabbricati rurali precedenti, sono presenti ampie scuderie, dovute alla passione per i cavalli del primo proprietario: rimaste allo stato originario, conservano carrozze e calessi d'epoca. Il complesso ospita oggi il «Centro ippico Villa Vanna» e un ristorante.

 Villa Dolfin Vanna - Salboro Padova

Villa Dolfin Vanna Parco - Salboro - Padova

 Centuriazione Romana - salboro.net

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la centuriazione



Nella loro fase di conquista, gli antichi Romani procedevano a veri e propri piani regolatori mediante un particolare tipo di divisione dei terreni chiamata «centuriazione»: un nome che deriva, secondo la tradizione, dalla procedura - risalente ai tempi di Romolo - di distribuire l'equivalente di una centuria (pari a poco più di 50 ettari) a cento proprietari. I terreni così suddivisi venivano poi assegnati a coloni e cittadini. Tra le centuriazioni meglio conservate vi è quella a nord di Padova, il cui reticolato stradale ricalca perfettamente quello romano. Si è persa invece quasi ogni traccia, nel disegno viario e nella memoria, di quella che si estendeva a sud del capoluogo. La sua presenza è però ipotizzabile dai tracciati di alcune vie (via Palla Strozzi e via S. Giacomo) e da alcuni ritrovamenti archeologici nei terreni coltivati.

l'antico «Retrone»



«Retrone» era uno degli antichi nomi del fiume Bacchiglione. In epoca latina il suo corso passava a sud di Padova ed era suddiviso in più rami: in età romana è probabile che non entrasse direttamente in città - dove già passava il fiume Brenta (Medoacus) - ma la lambisse con un ramo minore, mentre quello principale da Tencarola piegava ad Est e, passando nei pressi dell'attuale Mandria, attraversava le campagne andando poi a incontrare l'antico ramo del Brenta nei pressi di Brugine.
Non è ancora chiaro se l'abbandono di questo alveo sia stato forzato dall'uomo o dovuto a eventi naturali, sta di fatto che nel sec. VI d.C. il fiume Brenta non transitava più per Padova perchè, probabilmente a seguito di un cataclisma ambientale come un'alluvione, il suo corso si era spostato più a nord. Di certo i padovani si erano trovati senz'acuq e con canali malsani. Pochi decenni dopo in città passava il Bacchiglione: casuale o forzata, questa nuova risorsa risolveva molti problemi. Non però quello delle alluvioni, che comportarono la necessità di opere idrauliche fino a inoltrato '900, come lo scavo dei canali Scaricatore e S. Gregorio.
Nei tracciati tortuosi delle vecchie strade a sud di Padova e negli scoli campestri si può leggere ancora la memoria dell'antico corso: il canale Borracchia, dalle acque chiare e scorrevoli, è considerato come un possibile alveo originario del Bacchiglione. Si stacca dal canale Battaglia - che lo intercettò quando fu costruito, nel sec. XII - e poco dopo Pozzoveggiani riunisce le sue acque all'attuale Bacchiglione.

 

tratto da: Padova al di là delle mura, curato da Emanuele Cenghiaro, AA.VV. ed.Tracciati - 2008

 Salboro Canale Boracchia

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Salboro in Padova


Chiesa Parrocchiale - S. Maria Assunta (15 Agosto)
 

Cenni storici:Salboro - paese
Per il territorio dell'attuale parrocchia di Salboro i più antichi documenti fanno tre nomi: «Publiciano» o «Pobliciano» nel diploma con cui l'imperatore Berengario I il 20 Aprile 918 confermò ai canonici della cattedrale di Padova le proprietà e le decime già concessi dai suoi antecessori e ancora nelle conferme degli imperatori Corrado II il 3 maggio 1027 ed Enrico III l'11 Maggio 1047; diventa «Puteus Vitaliani» a cominciare dalla conferma del papa Callisto II il 1 Aprile 1123, corretto poi in «Pozo Vithalano» e «Puteo Viglano»; -  «Locus ubi dicitur Selburia» nel diploma con cui il vescovo Burcardo il 4 Febbraio 1045 donò ai suoi canonici la pieve di S. Giustina di Pernumia ed altri beni; diventa «Salburi» nei documenti con i quali il 2 Agosto 1172 Gerardo vescovo di Padova e il 23 Agosto 1173 il papa Alessandro III confermano il quartese dei cappellani (parroci) della città in tutto il circondario di Padova; - «villa que dicitur Sapsano» nel diploma con cui il cancelliere imperiale Guntero, messo regio, il 13 Novembre 1055 confermò il diritto di decima dei canonici sullo stesso circondario; è chiamato talvolta «Spasiano» e «Spaxano» in documenti del secolo XII e seguenti. Allo stato attuale della ricerca è difficile dire se tali toponimi indicavano parti diverse dello stesso territorio o, come pare almeno per Spasano e Salburia, erano sinonimi. La coesistenza nella zona di due  «capelle» o «chiese» è attestata la prima volta in un atto pubblico dal diploma con cui il vescovo S. Bellino confermò il 18 Giugno 1130 ai suoi canonici i beni loro donati dai suoi antecessori, tra cui «et capellam sancti Michaelis de Putheo Vitaliani cum omnibus terris quas canonici tenent ibi cum decimis suis et capellam sancte Marie de Spasiano». Tale donazione fu confermata dal vescovo Gerardo il 5 Giugno 1171 e dai papi Alessandro III il 10 Ottobre 1172 e Urbano III il 6 Maggio 1186.
 

La «prima cartula dathie» dell'episcopato padovano del 1221 elenca tra le «capelle» dell'archipresbiterato di Padova l' «ecclesia de Spaxano» e l' «ecclesia de Putheo Vitaliano con la dadia tanto l'una che l'altra di sol. IIII pro L lib.». Invece sia il prete Oliverio dell' «Ecclesia S. Michaelis de Puteo Viglano» che il prete Rainerio dell'«ecclesia S. Marie de Spaxano» furono scusati dal pagamento della decima papale del 1297. Però il chierico Aicardino Capodivacca di Spasano pagò nella seconda rata 16 soldi. Un solo chiericato quindi a Sapsano, mentre ottant'anni prima un atto del 19 Agosto 1217 nomina il prete Domenico e i chierici Ambrogio e Prosdocimo «ecclesie sancte Marie de Spaxano». I chiericati erano allora due oppure il beneficio dell'unico chiericato era stato in via provvisoria diviso tra i due? Nelle visite pastorali e nello «Stato della diocesi di Padova» nel 1698 del notaio di Curia Giovanni Bertazzi si parla sempre d'un solo chiericato, disgraziatamente passato in commenda. Il 26 Ottobre 1446 nella prima visita pastorale «in villa Spasani, in ecclesia S. Marie de Spasano» si presentò al visitatore il prete Ambrogio, come anche il 30 successivo nella visita «in villa Pucivigiani, in ecclesia sancti Michaelis», perchè Ambrogio era «officiator etiam suprascripte ecclesie».

Le visite pastorali successive dicono che le due chiese e i due benefici erano stati uniti; però S. Michele conservò per qualche secolo il proprio cimitero e la propria fabbriceria e per qualche tempo il rettore di Spasano dovette le domeniche celebrare la S. Messa alternativamente nelle due chiese. Tuttavia il fonte battesimale e il Santissimo erano conservati in S. Maria di Spasano che per la prima volta è detta S. Maria di Salboro nella visita del 27 Settembre 1595. A cominciare dalla visita antecedente del 20 Maggio 1585 si parla di tre altari, il maggiore e due laterali, e si dice che la collazione del beneficio spettava al Capitolo della Cattedrale. Il Bertazzi informa ch'era uno dei benefici contestati, la cui collazione spettava nei primi quattro mesi al Capitolo, negli altri al Vescovo. Nella visita del 9 Maggio 1588 è nominato il «campanile...in fundo ecclesiae a sinistris cum duabus campanis. Cemeterium est a latere sinistro ecclesiae et post altare maius et ante ianuam maiorem». La seconda visita pastorale di S. Gregorio Barbarigo il 20 Giugno 1686 trovò la chiesa «pro multitudine populi angustam».

Si dovette attendere ben 175 anni, prima che nella primavera del 1859 il parroco di allora giocando d'astuzia contro l'opposizione del municipio di Padova potesse iniziare lavori d'ingrandimento, che spostarono coro e presbiterio da oriente ad occidente e furono inaugurati il sabato santo, 19 Aprire 1862. Per quanto ulteriori modifiche interne in tempi più recenti abbiano cercato di ricuperare dell'altro spazio, il vescovo mons. Bortignon nella sua prima visita pastorale a Salboro, il 19 Ottobre 1954 trovò che la chiesa aveva «un aspetto povero ed era insufficiente almeno nelle feste principali... Si accenna spesso alla necessità di una nuova chiesa, ma la previsione delle spese enormi atterrisce la popolazione». Però nella seconda visita pastorale, il 24 Marzo 1961, riconobbe che «lo sviluppo demografico della parrocchia dichiara maturo il tempo per la costruzione di una nuova chiesa parrocchiale. Il problema è sentito e perciò lo riteniamo di non difficile soluzione anche se importerà evidentemente dei non lievi impegni e sacrifici». Ed egli stesso, benedicendo il 21 Novembre 1970 la prima pietra della nuova chiesa, diede ufficialmente il via ai lavori di costruzione del nuovo complesso parrocchiale.

 

tratto da: La diocesi di Padova, 1972 - Tipografia Antoniana

 

chiesa vecchia salboro

chiesa nuova di salboro

chiesa nuova salboro